Nel giorno del giudizio, ove mai fosse,
quando ognuno dirà la propria storia
e i torti e le ragioni e le omissioni
e i mutui tradimenti e i molti errori
e le imprese felici e i fallimenti,
l'interesse sarà negli spezzoni
scartati dal montaggio, gli extra acclusi
in coda alle vicende risapute,
tarda riserva di rivelazioni
sui segreti portati nella tomba
o su vite che ebbero soltanto
l'avventura del nascere e morire.
Ma anch'essi, pareggiati tutti i conti,
mostreranno la corda della noia
là nei lunghi filò del tempo eterno,
e ci sarà richiesta di bugie,
di maschere, invenzioni, fantasie –
e di silenzio, finalmente, e oblio.
Mi ricorda (chissà perchè, anche se il tema è simile) uno stupendo sonetto "trianesco" del Belli:
Quattro angioloni co' le tromme in bocca
Se metteranno uno pe' cantone
A ssonà: poi co' ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"
Allora vierà su una filastrocca
De schertri da la terra a ppecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone
Come purcini attorno de la biocca.
E 'sta biocca sarà Dio benedetto,
Che ne farà du' parte, bianca, e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.
All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.
Sì, l'idea è simile – anche se, a paragone con il fulminante e trianesco Belli, la mia sfigura un bel tanto.
Pensavo in fondo ai miei frammenti di commedia. Ma non sono stata capace, per ora di riprenderli. Può darsi che sia un movimento d'approccio.
Nascere e morire. Domande banali, ma cruciali: perchè? E perchè a me?
(Ah, questi meccanici come si rivelano problematici!)
Non è male. Ma se dovesse far parte della tua commedia, quel "ove mai fosse" non ci starebbe. Nella Commedia (anche in quella Ardenesca) l'oltremondo E'.
Proviamo come viene:
Avvenuto il Giudizio, ora che tutto
è concluso, saputo, conosciuto
e ognuno raccontò la propria storia,
e i torti e le ragioni e le omissioni
e i mutui tradimenti e i molti errori
e le imprese felici e i fallimenti,
l'interesse è, oramai, negli spezzoni
scartati dal montaggio, gli extra acclusi
in coda alle vicende risapute,
tarda riserva di rivelazioni
sui segreti portati nella tomba
o su vite che ebbero soltanto
l'avventura del nascere e morire.
Ma anch'essi, pareggiati tutti i conti,
già mostrano la corda della noia
qui, nei lunghi filò del tempo eterno,
e c'è allora richiesta di bugie,
di maschere, invenzioni, fantasie –
e di silenzio, finalmente, e oblio.
Puoi mantenere le due versioni: una per la Commedia, l'altra può stare a sé.
Proteus in effetti non ha torto.
Sì, Brian, può darsi che Proteus non abbia torto, se pensava a una trasposizione pari-pari di questi versi all'interno della "commedia".
Io tuttavia avrei voluto lasciare ancora in sospeso l'avvento del tempo del silenzio e dell'oblio. Noi scribacchini ci rassegniamo con difficoltà a quel tempo, tant'è vero che scriviamo.
Questa mia poesia, come dicevo, voleva essere un movimento d'approccio – alla "commedia" ho scritto, per evitare termini più crudi – ma in realtà intendevo al silenzio.
I filò cui mi riferisco sono questi nostri attuali, dentro i quali ci raccontiamo, magari in versi, le nostre storie e le nostre bugie, entro un tempo che scorrendo ci taciterà, ma che nel momento del racconto è sospeso e inconcluso (eterno).